Stavano al buio già da tre settimane. I primi segni di stanchezza cominciavano ad apparire sulle facce tristi degli attori, degli acrobati, e di coloro che poco prima erano stati definiti da un editto comunale occupanti di professione. Gregory andava avanti e indietro con una candela consumata, cercando di vincere il freddo con una immaginazione rattrappita come le sue dita. “Chissà quando riapriremo questo benedetto sipario”, pensava mentre cercava a tentoni di ritrovare il tavolo su cui aveva poggiato le sue cose, facendo scivolare le mani lungo le pareti tentando di riconoscere spigoli e ostacoli disseminati casualmente lungo il percorso. Nessuno poteva immaginare che di lì a poco la triste situazione avrebbe avuto una felice soluzione. Infatti dalla città giungevano voci rassicuranti che parlavano di una occupazione, di un teatro storico e di un riscatto culturale, di una lotta che aveva cominciato a vedere i primi frutti e che si propagava fino al buio delle periferie. E proprio verso quelle periferie, da quel teatro, era appena partita una carrozza con a bordo due degni rappresentati di questa rivoluzione in atto. Sprezzanti del pericolo e delle intemperie che avrebbero potuto incontrare, incitavano il cocchiere perché andasse più veloce, nel timore di non fare in tempo a consegnare il contenuto della borsa di pelle marrone che il più grosso dei due teneva al suo fianco. “Ce la faremo?” Chiese il più giovane al suo compagno. “Certo, che domanda”, rispose questo lanciando una rapida occhiata dal finestrino. Ma improvvisamente la carrozza frena. Un albero giaceva al centro della strada, impedendo alla carrozza di proseguire. Il più grosso, stringendo la borsa pesante al petto incitò l’altro: “non c’è più tempo da perdere!” I due si avviarono lesti a piedi, correndo e imprecando contro il cielo e gli dei. Per fortuna il tragitto da compiere non era lungo, e una luna a favore illuminava il profilo della loro meta. Arrivati davanti alla porta bussarono. Gregory ebbe un sussulto. Cercò di convincere anche gli altri di aver sentito quello che aveva sentito, ma nessuno sembrava dargli ascolto. Con passo felpato, inciampando e sbattendo contro tutte le sedie, i tavoli, i materassi e i sacchi a pelo, utilizzò il fiato che gli rimaneva per chiedere con voce ansimate “Chi va là?”. Dall’altra parte la risposta fu pronta e decisa: “veniamo or ora dal teatro valle, della vostra situazione ci siam rotti le palle, é per questo che tosti e gagliardi, siamo partiti come due petardi. Vogliate accettare l’offerta modesta che ridona finalmente la luce alla festa”. Gregory tutto felice chiamò il prode elettricista che in quei giorni aveva invano tentato di ridare agli occupanti la vista. Accorsero in molti, stupiti e contenti, e presero a festeggiare abbracciandosi gli uni agli altri. Tra grandi scoppi di risa e grida di gioia, Gregory aprì la borsa e contò le monete che servivano a pagare l’insolvenza comunale. Così salì sul palco e cominciò a declamare versi sparsi, ma gli altri, troppo felici e distratti dai festeggiamenti, non gli prestavano attenzione. In un angolo, i due emissari del teatro valle parlavano tra loro: “vedi il cinema palazzo e il teatro valle,
pronti a coprirsi l’un l’altro le spalle, nati e cresciuti in lotte ribelli, mai come questa notte sono fratelli!”