Venezia a Palazzo. Programma Giovedi 8 Settembre

Ore 19: ANTONELLO SARNO – SCHUBERTH. L’ATELIER DELLA DOLCE VITA
La dolce vita è stata inventata da Fellini, raccontata da Flaiano e vestita da Schuberth, il sarto delle “dive e delle regine“. Nel suo sfavillante atelier di via Condotti s’incontravano tutti i protagonisti del jet-set internazionale, dell’alta società romana e di quella “Hollywood sul Tevere“ che proprio tra la metà degli anni ’50 e ’60 viveva la sua stagione più intensa e frenetica: da Sophia Loren a Gina Lollobrigida, da Soraya a Martine Carole, tutte affascinate da quello stile unico, eclatante e femminile al punto che in molte, all’epoca, scrivevano sull’invito di nozze… “La sposa indosserà un abito di Schuberth“! Personaggio eccentrico, abile propagandista della propria immagine eccessiva, Schuberth era riuscito a fondare uno stile italiano che si staccava finalmente dall’egemonia parigina. Eppure, alla sua morte, nel 1972, il suo magico atelier ne seguì in breve la sorte. Una parabola fulgida ma veloce, inconsueta nel mondo della moda dove una griffe lascia sempre degli eredi. Per raccontarlo, attraverso decine d’interviste e un fiume di immagini d’epoca che comprendono le “persecuzioni mediatiche“ riservate dai cinegiornali al personaggio Schuberth, i testimoni dell’epoca e i giovani che di Schuberth hanno imparato la grande lezione di stile e d’immagine.

Ore 20 e 45: DONATELLA FINOCCHIARO – ANDATA E RITORNO
La necessità di questo documentario nasce un sabato sera a Catania. Un fiume di corpi, una calca di bocche mangianti e spingenti per farsi strada nella piazza del teatro Massimo, da anni punto di ritrovo dei ragazzi. Negli anni ’90 ho vissuto in pieno il boom della movida catanese; la voglia di stare per strada, i caffè-concerto, i pub che si aprivano in ogni angolo del centro storico erano i segni tangibili di una città che rifioriva dal buio dei decenni precedenti. Forse distorta dal ricordo, ma la mia percezione è che eravamo diversi da quei ragazzi che oggi si accalcano nelle stesse strade. La curiosità di capire questa diversità, al di là di ogni giudizio, mi ha spinto a intraprendere questo viaggio nella memoria di quegli anni, incontrando i suoi protagonisti, musicisti, attori e artisti che hanno fatto grande quell’epoca. Il fenomeno Denovo; Franco Battiato, una vita di eterni ritorni fino a quello definitivo; Carmen Consoli e i suoi esordi nei pub; Emma Scialfa, ballerina, pensa a una fuga dalla Sicilia; Carmelo Bongiorno, fotografo, vive ancora nel dubbio se abbia fatto bene a restare; Ida Carrara, una vita accanto al grande Turi Ferro. Ognuno di loro racconta a suo modo il legame con la città, viscerale, contraddittorio, un odio e amore, un andare e tornare sempre e comunque.
Catania si racconta attraverso il loro sguardo: lo splendore di ieri e la città di oggi svuotata di senso, come fosse lo specchio di un’Italia che ha smarrito la propria identità fondata sull’arte e la cultura.

Ore 21 e 30 : GUIDO LOMBARDI – LA’ BAS
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Là-bas, cioè laggiù. Suono e significato simili in francese e in dialetto napoletano per una storia che si svolge lungo il litorale campano e ha come protagonisti degli emigranti africani. Una comunità estesa, di etnie e lingue diverse, insediata da decenni nel territorio, che vive riproducendo al suo interno le dinamiche che dominano ogni collettività. C’è chi vive onestamente vendendo fazzoletti agli angoli delle strade, chi facendo il sarto, chi gestendo una sorta di bed & breakfast, chi al contrario si è dato al traffico della droga. Lo sguardo di Guido Lombardi si muove libero da pregiudizi calandosi con estremo rigore e oggettività in un mondo affascinante nella sua crudezza fatta di povertà, di sogni ancora vivi o già infranti, di lavori umili, di nostalgie per la terra lasciata, di scorciatoie verso la ricchezza. La macchina da presa all’inizio segue in maniera quasi documentaristica Yssouf che, appena giunto dall’Africa, dopo un momento di iniziale delusione decide di percorrere la via all’apparenza più facile ma anche più pericolosa per raggiungere il benessere, finendo però incastrato in un giro di spacciatori con ambizioni da veri gangster. È l’occasione per il film di acquistare una cifra diversa, unendo felicemente l’occhio documentaristico al noir. Una scelta felice che proietta Là-bas in una dimensione non scontata, che pure mai perde di vista la realtà dei fatti di cui da molte stagioni la cronaca si alimenta scandagliando i profondi legami come le guerre intestine tra criminalità organizzata africana e famiglie camorriste campane. Non a caso il film è liberamente ispirato alla strage avvenuta a Castel Volturno nel settembre 2008, durante la quale un killer della camorra trucidò sette ghanesi. Ugualmente efficace è l’ambientazione, mai apertamente identificabile in un luogo preciso ma volutamente relegata a un “laggiù” ai confini del mondo, dove la vita vale poco in ogni caso ma doppiamente nulla se vieni da un paese lontano e hai la pelle nera. Un “laggiù” che sembra non riguardare nessuno, ma sul quale Lombardi obbliga a riflettere illuminando una verità decisamente diversa da quella raccontata abitualmente da tv e giornali. E in questa ricerca della verità il film di Lombardi colpisce nel segno, al pari delle facce che popolano lo schermo. Attori presi dalla strada ma di straordinaria potenza ed efficacia, a cominciare dal protagonista Kader Alassane, produttore e rapper originario del Benin.

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