Jaffa: arance ad orologeria

JAFFA # 1

A Jaffa l’acqua fresca di Esther ci offre un breve momento di ristoro dal clima impietoso della costa. Esther, silenziosa e cordiale mamma palestinese di tre bambini, è la protagonista della storia che la nostra ospite israeliana Judith ci racconta. Con Esther, anni fa, inizia la lotta che a Jaffa si combatte in difesa delle abitazioni dei palestinesi minacciati dalla volontà della municipalità israeliana di costruire nuove case per ricchi compratori, ebrei e non. Dopo un’estenuante battaglia legale vinta grazie al supporto del comitato fondato insieme all’amica Judith, Esther riesce a bloccare l’esproprio del terreno in cui vive e a rimanere con la famiglia nella sua casa. La sua storia nuovamente ci costringe ad aprire gli occhi: tra complessi di lusso il cui costo al metro quadro sfida i prezzi di qualsiasi metropoli europea, palazzine talvolta circondate da cancelli che ne vietano l’ingresso nonostante il suolo fosse pubblico prima del loro insediamento, resistono le umili abitazioni delle poche famiglie palestinesi che ancora sopravvivono alla prepotenza del mercato e di una politica sionista che avanza senza sosta. Ancora una volta lasciamo una persona che ci regala un sorriso, ma con sé porta una storia amara. E mentre cerchiamo un angolo di spiaggia per un tuffo che ci sollevi dal caldo e dai pensieri, la chiamata puntuale del muezzin ci accompagna.

Altra città, altro muezzin, stesse tragiche storie e siamo già a Nablus.

 

JAFFA # 2

Dei cani abbaiano in un accampamento di fortuna fatto di materiali di recupero. Una bambina si avvicina per tranquillizzare l’animale, assettato dal caldo umido che regna a Yafo durante tutta l’estate. Qui vivono Esther Saba e i suoi tre figli. Questa madre palestinese è stata costretta a spostarsi con la sua famiglia in questa abitazione precaria da quando la municipalità ha ordinato la demolizione della sua casa. A Yafo, come in molte altre città israeliane, l’amministrazione immobiliare è sottoposta a regole ferree e ogni allargamento o una semplice modifica contraria alle norme fissate dallo Stato possono essere sanzionati con un’ammenda, un’espulsione o la distruzione pura e semplice del proprio alloggio.

Come Esther Saba e i suoi figli, numerose famiglie sono minacciate di espulsione, allontanate dalle loro case dagli uffici dell’amministrazione immobiliare. Adimar, cooperativa per l’abitazione controllata dallo Stato israeliano, dalla Jewish agency for Israel e dal Jewish national fund, è incaricata di gestire e di distribuire i certificati di proprietà detenuti dallo Stato dal 1952, anno dell’adozione della “legge sugli assenti”. Votata quattro anni dopo il conflitto del 1948 che vedeva lo Stato d’Israele opposto a una coalizione di Paesi arabi formata da Egitto, Siria, Iraq e Transgiordania, questa legislazione ha accompagnato l’installazione dei coloni nel paese di Canaan e la parallela espulsione dei Palestinesi dalla loro terra, dalle loro radici e dalle loro origini.

Jaffa – che nel XIX secolo, grazie alla coltivazione delle arance, diviene un centro culturale ed economico del territorio palestinese – perde progressivamente il suo splendore e una parte importante della popolazione è condotta in esilio. Tra il 1947 e la dichiarazione d’indipendenza dello Stato israeliano del 14 maggio 1948, il 95% della popolazione autoctona viene ricollocato o, addirittura, espulso. Tra di loro, migliaia di persone opposero una forte resistenza e fecero di tutto per poter restare nella terra che li ha visti nascere. Questi irriducibili abitanti di Jaffa andarono ad abitare nel quartiere di al-Ajami, vero ghetto sotto controllo militare, separato da recinzioni e da barriere dal resto della città.

Jaffa, come la sua popolazione indigena, viene amputata della sua memoria, del suo passato. Gli edifici in stile arabo vengono abbattuti, le strade sono rinominate e la città stessa è inglobata dalla municipalità di Tel Aviv nel 1950. La popolazione palestinese diventa minoritaria, Jaffa prende il nome di Yafo e le sue arance scompaiono.

Testimone di questa reinvenzione della città biblica in località israeliana e della soppressione della memoria palestinese che abita le sue vie, la Torre dell’Orologio – costruita dagli Ottomani e posta all’ingresso della città vecchia – porta una targa commemorativa scritta in ebraico: “in memoria degli eroi che sono caduti durante la battaglia per liberare Jaffa”. Ignorato dal discorso storico-politico che celebra le origini ebree della città, il passato arabo sembra oggi completamente occultato. “Esistono ancora oggi dei problemi quando si approccia la storia di Jaffa” ci conferma Judith, membro del Jaffa popular committee for the defense of land and housing rights, “bisogna fare attenzione a distinguere i discorsi storici da quelli politici e popolari”. Il processo di giudeizzazione qui ha preso delle forme simili a quelle di altre città dello Stato di Israele. Attivista israeliano a favore della causa palestinese, anche Ronni parla di questa amnesia collettiva, all’opera a qualche chilometro di distanza da Jaffa, a Tel Aviv. “C’era della vita prima del 1948. Tel Aviv non è stata costruita sulla sabbia. Per esempio, questo hotel situato di fronte al mare è stato costruito in prossimità di un cimitero palestinese che tutto il mondo ignora”, ci dice.

A Yafo, come a Tel Aviv, la storia palestinese è stata sepolta.

Malgrado i suoi sforzi ripetuti per continuare a vivere sulla terra d’origine, Esther Saba fa fatica a lottare contro la colonizzazione. Insieme ad altri 28 residenti e ad associazioni per la difesa dei diritti umani, ha deciso di portare davanti ai giudici della Corte suprema israeliana la sua domanda, che è stata respinta in appello l’8 novembre 2010, confermando l’autorizzazione per la costruzione di tre blocchi di colonie nel quartiere arabo di al-Ajami.

Dall’inizio degli anni Novanta, caratterizzati dal fenomeno della gentrificazione, un’ennesima pressione si è abbattuta sugli abitanti di Yafo, ebrei come arabi. In questo caso, la divisione evidenzia ancor di più le linee di demarcazione sociale, piuttosto che le differenze etniche. “Anche famiglie ebree molto povere sono vittime di esclusione”, insiste Judith, affermando però che le famiglie palestinesi devono confrontarsi con problemi aggiuntivi che rendono più difficile rimanere a Jaffa. Oggi, il quartiere arabo di al-Ajami è un luogo di primo interesse per gli investitori impegnati in una corsa sfrenata all’acquisto di immobili. La vendita al rincaro delle terre palestinesi gestite dall’Autorità della terra d’Israele ha necessariamente favorito l’aumento di valore delle proprietà a Yafo raggiunte dall’imborghesimento. I terreni sono offerti al miglior offerente, togliendo la possibilità ai più svantaggiati di insediarsi definitivamente nell’abitato.

Come indica Judith, “questi fatti concernono per la maggior parte la popolazione palestinese”. Giudeizzazione e gentrificazione sarebbero quindi soltanto due lati dello stesso fenomeno? Lo Stato si nasconderebbe dietro il mercato per portare a termine la de-arabizzazzione di Yafo? Immagine della fine del dialogo tra le diverse comunità e del rifiuto del mescolamento sociale, l’Andromeda Gated Community si eleva fieramente nelle vicinanza del Collége de Frères. “I suoi abitanti”, ci spiega Judith, “rifiutavano di condividere il loro spazio, di vivere tra gli arabi”.

Come un’oasi nel deserto, questo complesso di lusso è stato costruito nel cuore della città. Imprigionati da catene d’oro, i suoi abitanti aspettano pazientemente nell’acqua fresca della piscina comune che Perseo venga a salvarli. Ma da quale minaccia? Nel frattempo, le demolizioni continuano in Yafo, senza tregua per i suoi abitanti che hanno l’esilio come unico orizzonte.

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