Oggi, 1 luglio, alcune centinaia di attivisti degli spazi sociali autogestiti hanno occupato simbolicamente il dipartimento al Patrimonio di Roma Capitale di piazza Giovanni da Verrazzano, ottenendo un incontro con la segreteria del vicesindaco con delega al patrimonio.
Nell’incontro è stata accolta la richiesta di una presa di posizione politica da parte del Comune a salvaguardia degli spazi sociali occupati e autogestiti e delle occupazioni abitative, che sia in grado, nei fatti, di bloccare sgomberi, sfratti e sanzioni amministrative. A tal proposito è stato avviato un tavolo permanente di interlocuzione affinchéle emergenze sociali e culturali non vengano gestite come questioni di ordine pubblico o di mera contabilità.
In un momento in cui gli spazi sociali e abitativi subiscono un attacco sistematico da parte di scellerate politiche governative (piano casa, decreto salva-roma), magistratura e organi di stampa, è necessario ristabilire un confronto diretto che riconosca la legittimità dei percorsi di chi crede che il diritto alla città passi per processi collettivi di partecipazione non circoscrivibili nel binomio legalità e illegalità.
Il piano di rientro di bilancio del Comune previsto in 3 anni non può passare per lo sgombero degli spazi sociali e delle occupazioni abitative, ma richiede piuttosto l’affermazione di un vero diritto alla città, contro tagli al welfare, speculazioni e privatizzazioni che esca da quella logica di criminalizzazione dei movimenti che non ne riconosce la ricchezza sociale che producono ogni giorno.
Come rete degli spazi occupati ed autogestiti di Roma continueremo, per tutta l’estate ed oltre nella promozione di mobilitazioni ed iniziative politiche e culturali, che ribadiscano il modello di città che da sempre pratichiamo.
#vantiamocrediti
Rete degli spazi occupati e autogestiti
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MA QUALI DEBITI, VANTIAMO CREDITI!
Comune di Roma, Dipartimento del patrimonio, da che parte state?
Gli Spazi occupati e autogestiti costruiscono ogni giorno servizi, welfare dal basso, tessuto sociale, reti di resistenza e partecipazione contro la trasformazione imposta dall’alto della città e lo smantellamento dei diritti sociali. Producono cultura indipendente e socialità non mercificate, colmando il vuoto di politiche sociali e culturali inesistenti esenza risorse.
Centri sociali, teatri e cinema occupati, scuole popolari, sportelli sul lavoro, palestre e osterie popolari, fabbriche riconvertite, case e studentati occupati: il panorama dell’autogestione a Roma rappresenta una risorsa ormai irrinunciabile in una città sempre più iniqua e precarizzata.
Abbiamo occupato spazi lasciati all’abbandono o alla speculazione, recuperandoli con le nostre forze all’uso pubblico e condiviso, raccogliendo autonomamente le risorse per sostenere la continuità e il proliferare delle attività.
Gli spazi occupati e autogestiti sono un bene comune della città, esperimenti avanzati di creazione e gestione collettiva. Non corrispondono ai canoni dell’amministrazione pubblica né tantomeno a quelli dell’uso privato. Sono progetti di auto-valorizzazione del patrimonio, a partire dall’uso e non dal valore, che l’amministrazione dovrebbe riconoscere nella loro specificità, garantire e tutelare favorendone lo sviluppo.
Invece, appellandosi alla legalità e adottando un criterio rovesciato di giustizia, il Dipartimento del Patrimonio batte cassa e cerca di regolare il bilancio disastroso del Comune di Roma presentando il conto proprio ai centri sociali, mentre agisce l’emergenza abitativa sgomberando gli occupanti e garantendo la rendita immobiliare.
Il ricatto del debito e la retorica della spendig review in Italia e a Roma hanno legittimato un passaggio epocale: l’amministrazione pubblica non deve più agire secondo criteri minimi di giustizia sociale ma secondo criteri di efficienza e sostenibilità economica.
Come leggiamo chiaramente anche dal Salva Roma e dal Piano Casa del decreto Lupi, ciò si traduce nel travaso sistematico di beni e risorse dal pubblico al privato, nel campo libero per speculazione e rendita, nello smantellamento del welfare e nell’azzeramento di ogni politica di protezione sociale.
Noi vogliamo un’altra città, solidale, libera e aperta, e continueremo a praticarla a partire dalla riappropriazione di spazi.
Per quanto ci riguarda, noi non abbiamo debiti ma vantiamo crediti nei confronti di un’amministrazione fantasma che lascia alla Prefettura, alla Magistratura e alla Ragioneria il governo e la gestione delle emergenze sociali della città.
La criminalizzazione non cambia la realtà dei fatti:
• no agli sgomberi e ai sigilli delle occupazioni socio-abitative
• no agli sfratti per morosità
• per una nuova politica redistributiva delle risorse economiche e
patrimoniali
Allora, da che parte state?
Dalla parte degli speculatori o dalla parte di chi costruisce il diritto alla città?
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