Nel quartiere, nella città
Nell’aprile del 2011 i cittadini di San Lorenzo occuparono il Cinema Palazzo contro il progetto della Camene S.p.A. di trasformarlo in casinò, salvando lo spazio – un teatro del ‘900 nel cuore di un quartiere popolare – dalle mire speculative della Camene, oggi uscita definitivamente di scena. A distanza di 4 anni il Cinema Palazzo è un laboratorio attivo di cittadinanza e democrazia, una risorsa sottratta al giogo delle dinamiche neoliberiste. Ora la nuova sfida, dopo aver vinto la battaglia sul casinò, è fare in modo che il Cinema Palazzo resti uno spazio della collettività, autogestito e di produzione culturale. Uno spazio d’autonomia nella città di Roma.
Punto di arrivo e di partenza di nuove battaglie in difesa del territorio contro le speculazioni, il Cinema è legato ad un quartiere storicamente votato alla resistenza e all’autorganizzazione e sottoposto a grandi tensioni urbane, che da tutta la città ha saputo muovere le corde di chi rivendica spazi di incontro, di creazione e di sperimentazione. Di chi a Roma costruisce i “luoghi del possibile”, quelli che ci suggeriscono che la vera rigenerazione urbana – se per questo si intende la riqualificazione di aree degradate (…cosa c’è di più degradante di un casinò) – passa per la restituzione, l’accessibilità e l’esercizio di potere decisionale sulle risorse di un territorio da parte di chi lo abita.
Al contrario, la sottrazione di risorse, spazi e possibilità con la svendita del patrimonio pubblico e i tagli in bilancio, con i regali elargiti alla speculazione immobiliare, delegano la rigenerazione urbana agli interessi della proprietà privata che, no, non riqualificano la città pubblica, neanche quando i suoi progetti sono etichettati “di pubblico interesse”. Opere spesso insostenibili che ci regalano scheletri urbani, indebitamento, case vuote, periferie abbandonate e assenza di servizi. Esclusione, povertà, degrado… i conti di questa rigenerazione non tornano. Neanche inseguendo oneri concessori versati dai costruttori in cambio di servizi non forniti, non più vincolati alla manutenzione del territorio; neanche a costo di concedere, spesso del tutto irregolarmente, permessi per costruzioni o casinò che impoveriscono e danneggiano il tessuto storico, sociale e culturale dei territori.
Un modello di rigenerazione che non considera il ruolo fondamentale della cultura, ignorando l’esistente, ma che anzi la confonde con quello di una “rigenerazione commerciale” come nel caso della memoria di giunta sulle sale cinematografiche dismesse, ipotizzando riconversioni e cambi di destinazione d’uso che negano alla città, spazio comune del dispiegarsi di una ricchezza culturale non riconosciuta, un’altra trasformazione urbana possibile.
Se da una parte la questione del degrado è affrontata su un piano puramente formale di sporcizia e “schifo”, la stessa logica nega alla cultura un ruolo trainante nel ridisegnare i territori, subordinandola a logiche di marketing sul piano dell’immagine. Come se operazioni di branding della città potessero sopperire al vuoto di contenuto, come per lo sfortunato logo di Roma “Rome &You” che non a caso restituisce una cesura e un’idea di estraneità tra la città e chi la abita.
Vantiamo un patrimonio culturale immenso, affidato a dinamiche affaristico-clientelari piuttosto che a chi con pratiche “innovative” ha saputo riempire e far rivivere gli spazi abbandonati dalle amministrazioni, realizzando una diversa idea di rigenerazione urbana, ricchezza e cultura. È sistematico il tentativo di negare l’esistenza di tali realtà il cui sostegno e la legittimazione potrebbe portare a soluzioni “a catena” per i problemi, urgenti, della città.
“Quando l’ingiustizia diventa legge,la resistenza diventa dovere”
Come nasce, come cresce…
Nato con un atto di resistenza che ha avuto la capacità di opporsi efficacemente al business del gioco d’azzardo, il Cinema Palazzo è diventato da subito creatore di relazioni, cultura, socialità, ed esiste oggi così, dopo quattro anni, nella pratica concreta e quotidiana di lotta attraverso la produzione di cultura, rivendicando la propria legittimità, contro un concetto di “legalità” asservito all’interesse privato.
Sin dall’inizio, infatti, la sfida del Cinema è stata quella di tessere una storia collettiva per ricostruire un luogo, uno spazio aperto e multifunzionale, laboratorio artistico, culturale e politico, per rintracciare una sintesi tra resistenza e creatività, tra impegno, arte e cittadinanza attiva sottraendo progressivamente porzioni delle nostre vite alle logiche mercantili che detengono il mondo.
Così, fondando le pratiche sull’idea di comune e di utilità sociale dei beni, si costruiscono laboratori per nuove forme di democrazia urbana e di cittadinanza attiva, diretta e partecipata, inserendosi all’interno dell’elaborazione metropolitana che tende alla costruzione di un nuovo diritto alla città. Essere cittadini non è appartenenza anagrafica ma adesione ad un progetto di città per cui una partecipazione individuale, elettorale, consultativa è ormai insussistente. Forme di cittadinanza capaci di prendersi carico e cura di ciò che è nostro, che accettano la rimessa in discussione costante della pratica della condivisione e della partecipazione inclusiva ma rivendicano, ora e subito, margini di sovranità diretta per una costruzione effettiva del comune.
Cosa è stato creato in questi anni? Come si gestisce uno spazio con fiducia e cooperazione senza vincoli economici? Come sono nati tanti progetti e relazioni?
…Un luogo del possibile
Molteplici spazi, per infinite funzioni! Il Nuovo Cinema Palazzo vive ogni giorno del contributo delle persone e dei progetti che lo attraversano. Dall’apertura alla chiusura della serranda si sviluppano una molteplicità di attività tutte necessarie all’autogestione del luogo e fondate sulla partecipazione collettiva e sul contributo di ognuno.
L’assemblea di gestione è il momento principale di elaborazione collettiva in cui si intrecciano e si discutono l’organizzazione quotidiana, la programmazione culturale e i percorsi politici. È un appuntamento settimanale aperto alla molteplicità di soggetti che quotidianamente mandano avanti la vita dello spazio e si rinnova continuamente.
La sfida costante del Cinema è creare un modello sociale e culturale che reinventi e sviluppi parametri ed indicatori non immediatamente quantitativi e/o economici. Come valutare un progetto artistico culturale? Come quantificare il valore di laboratori e sperimentazioni? Come si costituiscono relazioni, collaborazioni e progetti al di fuori di logiche di profitto? Queste le domande che trovano risposte nella costruzione della programmazione di cui vive il Cinema e nella definizione delle battaglie sociali, culturali e politiche che si intraprendono. È questo il cantiere aperto di sperimentazione culturale e sociale in cui si intrecciano pratiche e ragionamenti. E questo è il modo in cui si costruisce ogni iniziativa, dalla proiezione di un film all’organizzazione di un laboratorio, dalla preparazione di un concerto al progetto di una residenza artistica.
Un’assemblea di programmazione aperta, formata da una molteplicità di soggetti diversi, artisti, occupanti, cittadini, ragiona sulle proposte che arrivano al Cinema e ne crea di sue con la tensione costante di intessere relazioni e creare percorsi larghi e partecipati. Questo vuol dire dare spazio a singoli eventi (concerti, proiezioni, spettacoli…), essere luogo in cui possano nascere sperimentazioni nuove (residenze, laboratori, produzioni artistico culturali) e, soprattutto, avere modo di intessere relazioni fra soggetti differenti che condividono la volontà di immaginare e costruire progettualità comuni e generatrici. Questa è la direzione artistica.
Decostruire la macchina della cultura, rivoluzionare il modo di far cultura. Questo comporta anche la messa in essere di una diversa relazione tra attori, tecnici di scena e persino il pubblico.
Il ruolo (tecnico e non) diventa immediatamente perimetrazione degli spazi, un impedimento alla parola e all’azione, un’alienazione dalla complessità artistica in luogo di una meccanica neutra: il tecnico riproduce quel che l’attore chiede, il loro rapporto è normato a priori. Il pubblico applaude entrando e uscendo dalla scena allo stesso tempo.
Rompere il “ruolo” dunque!
Anche la “tecnica” parte dalla programmazione, che è collettiva. Nell’assemblea di programmazione si pratica l’incontro (con chi va in scena), si allestisce lo spettacolo discutendo dell’evento a 360 gradi, si favorisce la commistione tra lavoratori dello spettacolo – ben consapevoli che è solo l’esito della relazione che segue l’incontro ad avere valore. Culturale, sociale, politico. Si rompe il formalismo dei ruoli in grado di parlare linguaggi meramente tecnici, producendo dialoghi esclusivi ed elitari. Si creano gli strumenti per annullare la distanza (indotta) tra l’artista e il politico, si producono linguaggi e sperimentazioni. Quel che va in scena è frutto di una produzione collettiva.
Nella stessa misura l’incontro si rinnova nel momento della messa in scena: ogni occupante del cinema, da chi siede il tavolo della sottoscrizione a chi sta al bar o in regia, media tra l’artista lo spettatore e se stesso perché non si è dei semplici esecutori di un modello che si ripete – come avviene nei mondi dell’industria culturale. Emanciparci dalla logica di subire ciò che va in scena significa elaborare un linguaggio in grado di esprimere il nuovo che si dà.
La formazione tecnica del Cinema Palazzo è frutto di queste relazioni. Artisti, tecnici di scena, chiunque abbia attraversato il luogo del possibile ha trasmesso parte della propria ‘tecnica’. Chi si è formato negli anni in questo luogo, ha avuto la possibilità di capire e saper gestire le dinamiche culturali approcciandosi alle esigenze e partendo da punti sempre differenti.
Oggi abbiamo gli strumenti necessari per permettere a chiunque di entrare in scena; significa che abbiamo sviluppato in noi competenze e linguaggi la cui diffusione e uso è il cuore della lotta.
In pratica la tecnica è tecnica solo nella pratica, serve a realizzare qualcosa. E nei sogni – come nell’ispirazione – la tecnica (in sé) serve solo ad ostacolare il risultato: il troppo voler cercare ‘le tecniche’ uccide la fantasia.
Parlare di comparto tecnico del cinema palazzo vuol dire pensare e praticare un’altra organizzazione del lavoro culturale, diffondere competenze, acquisirne altre, “immaginare e costruire ciò che potremmo diventare”.
Questo è ciò che il Cinema Palazzo intende anche per produzione: uno spazio occupato come questo è oggi capace di produrre solo perché negli anni si è dotato dei mezzi di produzione, che sono l’impianto audio, il parco luci, le quinte, il palco, le tribune e tanto altro; avere i mezzi permette una programmazione, perché l’esistenza in questo luogo di tutto questo materiale permette la pratica di sperimentazioni scenotecniche, non solo per chi lo attraversa ma anche per l’occupante che tiene aperto questo luogo ogni giorno.
Come si finanzia tutto ciò? Attraverso l’attività del bar e della cucina – sempre in funzione durante le iniziative – e attraverso la sottoscrizione, un contributo libero del pubblico che si fa così complice della battaglia del Cinema. Tutte le entrate vengono interamente utilizzate per la vita stessa del Palazzo: il lavoro degli artisti viene sempre rimborsato ma per il resto nessuno guadagna nulla. Non vengono riconosciuti tutti quei finti organi preposti alla difesa degli artisti come la SIAE.
Inutile dire che questo modello di gestione è in continuo divenire: le assemblee accolgono nuovi componenti, gli spazi cambiano e prendono nuove forme attraverso processi di autocostruzione.
In questi anni persone, progetti e realtà differenti hanno convissuto e cooperato costruendo molteplici spazi per infinite funzioni… palchi, tribune, cucine per assemblee, manifestazioni e campagne, festival, spettacoli, pranzi e serate danzanti. È così che il Cinema Palazzo spesso diventa cantiere, vero e proprio, non solo di produzione culturale ma officina, falegnameria e laboratorio di autocostruzione. Anche in queste occasioni si cerca con le pratiche di scardinare le rigidità dei percorsi di progettazione convenzionale, di sfumare i confini tra esecutore e utente, di valorizzare il riuso e il riciclo di risorse e materiali, di favorire l’incontro, la riappropriazione dei luoghi, il prendendosi cura attraverso l’atto del fare di ciò che abiteremo.
Forse però è solo passando una giornata in Piazza dei Sanniti che si riesce a capire la ricchezza che attraversa e genera ogni giorno il Cinema. Il Cinema Palazzo è luogo di scambi costanti, uno spazio pubblico d’incontro, di relazioni, di sperimentazione. Un luogo del possibile da cui ripartire per creare e riflettere sul mondo.
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