Mind The Gap
Waiting for an Happy End
Giovedì 4 e venerdì 5 febbraio 2016 _ ore 21:30
Odysseia Teatro: odysseiateatro.it
Scritto e diretto da: Paola Tarantino
Aiuto regia: Elisa Menchicchi
Ideato da: Paola Tarantino e Laura Isaia
Con: Diletta Acquaviva, Carolina Cametti, Gianluca Enria, Claudio Losavio, Riccardo Pumpo, Emanuela Valiante
Video Maker: Pasquale Marino
Video Mapper: Roberto Memoli
Luci: Javier Alberto Delle Monache
Progetto Grafico: Diego Zura Puntaroni
Producer: Elisa Puma
Progetto Fotografico: Laura Isaia
Sei personaggi e una panca. Sei individui al crocevia di una strada da cui non si può più tornare indietro: bisogna solo andare. Si avvicinano l’un l’altro, si scoprono simili, ma ciò non basterà ad evitare il conflitto poiché ciascuno di loro si nutre di un’inappagabile esuberanza che deve compiersi, deve esplodere, deve manifestarsi. La loro vita è su una corda che prima o poi si spezzerà e ci racconterà la loro storia comune: la corsa verso il suicidio.
La nuova edizione di Mind The Gap che viene portata in scena non è solo uno spettacolo teatrale. Mind The Gap 2.0 ha come obiettivo quello di eliminare sempre più il confine tra lo spettatore e il personaggio, attraverso lo sconvolgimento del concetto di palco/platea. L’abbattimento della barriera permetterà alla storia di andare oltre all’attore e ai confini propri dell’architettura, di rompere gli argini ed arrivare al pubblico spoglia della formalità teatrale, mostrandosi per quella che è realmente, la storia della semplice persona oltre all’artista, dell’uomo qualsiasi oltre il dipinto.
Mind The Gap ha partecipato al progetto produzione-residenza MOLODOJ del Nuovo Cinema Palazzo. Selezionato al Festival MAD PRIDE di Torino, con il progetto fotografico vincitore del Premio Adrenalina, menzione speciale IPA (International Photography Awards).
La regista afferma:
“Concepimento: tra le 2 e le 4.48 di una notte di febbraio del 2014. Una notte in cui la voglia di vivere scendeva vorticosamente e si fermava poco prima dell’abisso. Il nome della stanghetta in cui la caduta s’interruppe era: “scegli: vivi o muori”. Paralisi. Quella “O” tra i due imperativi diventò il centro dei pensieri, un buco nero in mezzo al petto, uno spazio di contenimento in cui non tardarono ad arrivare sei individui. Si chiamavano Sylvia Plath, Mark Rothko, Marina Cvetaeva, Abdallah Bentaga, Sarah Kane e Alfred Jarry. Erano morti. Suicidi. Erano artisti. I loro occhi dicevano “Scegli”. Il tempo sembrava non controllare più le sue lancette. Si ruppero gli argini dello spazio che divenne bosco. Tra le foglie si sentiva una commistione di lingue diverse che ripetevano “ricorda il vuoto –attantion au décalalage- zapomnit vakuum- … mind the gap”. Io le appuntai e L’Aura per trattenere ogni granello della loro vitalità, immortalò i sei in “insopportabili” scatti fotografici. Ne nacque uno spettacolo. Dopo un anno di creazione collettiva, andammo in scena. Sul palco sei attori, una panca e il fremito dell’attesa per l’ultimo vagone della vita. Era sempre febbraio. Quest’anno, torniamo in scena. Vuole il destino a febbraio. Al Nuovo Cinema Palazzo per due giorni festeggeremo il nostro non compleanno. Gli attori sono sempre sei, ma non attenderanno immobili dietro le quinte. Il Cinema sarà invaso da proiezioni video, installazione fotografica e performance attoriale. Si rompono gli argini e si viaggia nel bosco dell’esistenza, sfiorando gli angoli più segreti delle nostre fragilità, per tentare, nonostante tutto, di Esserci. Per non sparire invano. Per arrivare sempre allo stesso punto. Il limite determinato da una stanghetta le cui parole incise, sono sempre le stesse“ Scegli: vivi o muori”.”
Note di Regia
Mark, Sylvia, Sarah, Marina, Alfred, Abdallah corrono verso un vagone che conduce dall’altra parte della vita. Passaggio intermedio, un tunnel in cui si incontreranno prima della sparizione. Voluta, desiderata, determinata con coscienza e preparata ad arte per chi rimane, per chi verrà dopo. Che essi poi siano pittori, poeti o funamboli, è solo una congettura astrale che amplifica l’umano rapporto con la morte ad un atto di onnipotenza. A loro è capitato di nascere nel tempo “sbagliato” e nel corpo “sbagliato”, ma è proprio lo sbaglio che ne fa un’eccezione. Ogni suicidio è una progettata uscita di scena per strappare un grande applauso. È la ricerca di un frammento di eternità. Mark, Sylvia e tutti gli altri aspettano frementi il momento perfetto, ma non possono andare senza che qualcuno li guardi. Non possono sparire prima che la loro vita non faccia un veloce rewind. Così saranno obbligati a confrontarsi, sfidarsi, lottare per l’ultima volta.
Lo spettacolo si nutre della volontà di indagare l’animo di chi ha determinato la propria vita dall’inizio alla fine e le conseguenze di questa determinazione. Vorremmo indagare il suicidio non solo nella sua forma più eclatante, ma tra le pieghe dell’esistenza, in quei piccoli suicidi che ogni giorno attuiamo terrorizzati dalla vita, poiché infondo sarebbe più facile non esserci.
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