ContraBBando #5: Progetto Mirrors | Teatro Zemrude
Incontriamo la residenza teatrale Zemrude per farci raccontare e immaginare assieme la prossima restituzione alla collettività del ContraBBando 2019, che sarà Venerdì 21 Giugno alle 21.00.
Come nasce il progetto?
Daniela – Io e Ersilia (tromba e sax baritono) ci conoscevamo già per progetti musicali comuni, poi il progetto si è allargato. Partendo da un omaggio musicale all’immaginario dei film di Maya Deren, si è ampliato con la volontà di restituire anche una storia, e qui incontriamo Agostino (sceneggiatore, regista) e Clio (attrice), che hanno scritto a quattro mani la sceneggiatura, basandosi anche sulle esperienze personali dell’attrice, intrecciandole alle storie raccontate da Maya. La voglia è creare un linguaggio che contamini i generi, che permetta di lavorare trasversalmente: musica dal vivo, film, teatro fisico e di parola.
Ersilia – I film di Maya Deren nascono per scelta della regista muti, sono volutamente nuovi e visionari. La vita di Maya è stata incredibile: partecipò all’avanguardia statunitense , da antropologa studiò a più riprese la danza vudù e ne rimase affascinata. Rappresenta sempre un lato fortemente spirituale, onirico, e fu sicuramente un’anticipatrice in molti sensi. Un’artista che ti lascia con una domanda.
Agostino – Mirrors è lavoro che cresce, ora è un primo studio e poi a fine Luglio tornerà sul palco a Lecce, dove viviamo. Come modo di lavorare utilizziamo storie della letteratura d’ infanzia che accompagnamo insieme a ciò che ci preme raccontare. In questo caso riprenderemo dei riferimenti di Attraverso lo specchio di Lewis Carroll, e l’immaginario dereniano sarà arricchito. Cercando di metter insieme il vissuto dell’attrice e il film, inseriti all’interno di un sogno, omaggiando anche i modi di lavorare della regista Maya, caratterizzato da stacchi di sequenza e contrapposizioni interno/esterno. Ogni punto per la regista era un luogo per danzare e riprendere.
Clio –Non è semplice coniugare tre codici come il teatro, la musica e il video sullo stesso palco, ma è proprio questa la sfida. Con Mirrors ho trovato l’occasione per riprendere la scena dopo anni e cimentarmi nella scrittura collettiva. Il lavoro in itinere prende forma, e vorremmo portarlo sempre più ricco in giro ancora a lungo.
Daniela – Quello che abbiamo mantenuto volutamente è l’ambiguità: il senso di non comprendere se ci troviamo nel sogno o nella realtà. L’intero immaginario della regista si basa sul sogno e su visioni oniriche e omaggianti la danza dei corpi. E sul palco vogliamo legare la storia dell’attrice all’immaginario rappresentato, intersecando pezzi di vita, mettendo in parallelo ciò che è accaduto.
Non si capisce quando ci si sveglia, quando saremo nel sonno, e quindi che sia il pubblico che faccia la sua lettura. E’ un percorso che puoi vedere in tanti modi, l’idea è legata a quello che succede vedendo il film: chiunque lo vede ha una percezione differente rispetto a quello vicino. Ci piacerebbe che ognuno facesse il proprio di percorso, non dare noi una lettura delle cose, ma far uscire una lettura personale.
Agostino – Abbiamo scelto questi due corti in particolare per la loro struttura narrativa. Ad esempio, At the land è stato girato su un’isola deserta negli anni ’40 e vuole evocare la circolarità della vita e il ritorno ad un punto. Sono forti le rappresentazioni metaforiche dell’anima tormentata, ma anche che superando le proprie sfide e scelte – che metaforicamente e scenograficamente sono rappresentata dal gioco della campana – arriva al punto finale, dove l attrice vive l’ attraversamento della vita fino all’ ultima casella, che non è l’arrivo, ma è l illusione.. il nome d’arte da lei scelto non a sproposito. (‘Maya’, ndr)
Come gli spazi sociali possono essere un’alternativa culturale al modello dominante?
Daniela – Innanzitutto il sapore in questi luoghi è di tipo differente: è uno stimolo per il lavoro, ti indirizza a poter esprimere una libertà di linguaggio. Fanno fatica linguaggi non canonici a rientrare nei progetti istituzionali, che basandosi prevalentemente sulla vendibilità, penalizzano la parte più folle e sperimentale, oltre a prezzi di ingresso fortemente escludenti. Sicuramente finanziare progetti culturali superando queste esclusioni potrebbe essere un passo avanti per far emergere il nuovo.
Agostino: Questi spazi aperti sono l’unica risorsa per poter creare un teatro accessibile, e anche includente per chi produce arte e non trova posto. Lo spazio sociale e liberato porta un riflesso di umanità, dalle piccole cose alla possibilità di poter usare il proprio spazio, lo spazio necessario per il tuo progetto. Il Nuovo Cinema Palazzo è uno luogo in cui si può fare ricerca, mentre nei canali istituzionali sei stretto per tempi organizzativi e anche artistici: alla fine non è ricerca vera e propria, la concentrazione viene necessariamente incanalata nel risultato estetico e con scadenze precise e continue, mentre ogni spettacolo ha un suo tempo e un suo percorso, e qui è possibile agirlo.
Teatro Zemrude
Regia di Agostino Aresu
Con Clio Evans e Agostino Aresu
Tromba e composizioni originali di Ersilia Prosperi
Sax baritono e drammaturgia sonora di Daniela Diurisi
Una coproduzione ContraBBando_Nuovo Cinema Palazzo