STRANGER THINGS | Strane cose al Nuovo Cinema Palazzo

In occasione della riapertura dell’aula studio del Nuovo Cinema Palazzo abbiamo assistito all’ennesimo atto vessatorio ai danni di chi anima e frequenta questo spazio. Un insolito dispiegamento di forze di polizia in Piazza dei Sanniti con lo scopo, evidente, di intimidire chi volesse entrare per usufruire della possibilità di studiare in un ambiente non isolato, nonostante all’interno tutti si fossero assicurati di adottare le precauzioni di contenimento e contrasto alla diffusione del Covid.

Del resto, questo tipo di ingerenza non è isolata. Nell’ultimo anno, infatti, accadono strani eventi e sembra di trovarsi di fronte a una doppia pandemia: quella mondiale, dovuta al Covid-19, e quella locale, che si manifesta con attacchi scomposti da parte della proprietà, avvalorati e aggravati da interventi di vigili urbani, poliziotti in borghese, operatori ACEA e agenti del Pronto Intervento del Centro Storico (PICS). Questi ultimi, per esempio, sembrano essere gli autori dell’offensiva più violenta dell’estate: la rimozione delle fioriere esterne.

Con questa brillante mossa è stato sottratto uno dei pochi spazi all’aperto accessibili, pubblici, fruibili di San Lorenzo. Non permettere alle persone del quartiere di frequentare quello che può considerarsi anche banalmente (come direbbe l’abitante tentato dal cinismo) un “giardino”, in un momento così critico come quello del distanziamento sociale, è una pura idiozia. Mentre il governo concedeva un amento a costo zero di utilizzo dello spazio pubblico come dehors per le attività commerciali, sembra che alcuni pensassero ai parcheggi a strisce blu come la priorità assoluta della propria vita. Ci si domanda quale sia l’idea di gestione del Servizio Pubblico comunale e come sia possibile agire nell’ombra (e nella notte) derubricando all’ultimo posto altre emergenze evidenti del territorio. Le istituzioni non dovrebbero nascondersi, quindi se c’è qualcuno che agisce per conto loro (e in loro nome) in modo occulto dovrebbe essere bloccato dalle stesse. Se il problema è l’illegalità, non c’è soluzione: la richiesta fatta da un cordone di associazioni per la concessione dello spazio pubblico esterno al Nuovo Cinema Palazzo, indispensabile per la realizzazione di attività culturali, sociali, educative, è rimasta prima sospesa per sette mesi, poi cestinata. Neanche il diritto (affettivo?) di sapere che fine abbiano fatto le piante – una cinquantina tra cui bergamotti, limoni, palme, arbusti. Possiamo soltanto fantasticare e immaginare che siano state gettate via come scarti organici, donate ai vivai comunali o collocate in qualche deposito giudiziario.

È quasi passato un anno dal 15 ottobre 2019, quando un fabbro e il legale della proprietà privata del Nuovo Cinema Palazzo, accompagnati da due vigilantes privati, provarono a eseguire uno sfratto arrogandosi chissà quale carica pubblica che nessuno gli aveva concesso. Ed è da allora che il custode giudiziario, nominato dal Tribunale per la conservazione dello stabile, in accordo fiduciario con parte della titolarità, prende iniziative in piena autonomia e, il più delle volte, tramite la forza, la minaccia, l’inganno. Ma il custode giudiziario che ruolo ha? La Cassazione si esprime così: “ha una funzione limitata alla conservazione ed amministrazione dei beni che gli vengono affidati; […] nel sequestro giudiziario, egli NON è legittimato a stare in giudizio nelle controversie che attengono alla proprietà o ad altro diritto reale sul bene medesimo, e comunque a pretese rivolte ad incrementare i diritti su esso” (Cass. 24/05/2011, n. 11377). Quindi, un custode giudiziario – cui dovrebbe corrispondere una spiccata moralità e una condotta proba – ha il solo potere di conservare il bene così come gli viene affidato; non può venderlo, fare accordi con terzi per gestirlo (come, invece, il custode del Nuovo Cinema Palazzo si è vantato pubblicamente di poter fare con inusitata arroganza e spregio delle istituzioni) o minacciare guerre e conflitti nei confronti dei soggetti, pubblici e privati, che stiano dirimendo le controversie legate ai diritti sul bene.

Con questa premessa, ci si chiede chi sia costantemente intenzionato a disturbare il Nuovo Cinema Palazzo, il quale ha il solo e unico obiettivo di trasformare ciò che in origine doveva essere un casinò in un luogo socialmente utile per la comunità di San Lorenzo e la città di Roma. Chi fa rapporto ai vigili urbani chiedendo un presidio di ordine pubblico in piazza dei Sanniti per nessun disordine? Chi suggerisce di fare le multe alle macchine parcheggiate fuori dalle strisce blu per scatenare l’odio tra i vicini? Chi allerta la polizia locale di un incendio inesistente all’interno del Cinema Palazzo mobilitando mezzi e risorse pubbliche per i propri capricci (e, aggiungiamo, commettendo un reato, lui sì, chiamato “procurato allarme”)? Chi sigilla le porte di ingresso con lucchetti da bagagli a mano? Chi interviene nell’assemblea di condominio del palazzo sopra il NCP alla ricerca di alleati per togliere l’unica pianta rimasta in Piazza dei Sanniti? Non sarebbe così strano pensare che qualcuno venga pagato per passare le proprie giornate a sorvegliare il Nuovo Cinema Palazzo. Non è accettabile che dei privati si organizzino con metodi mafiosi per contrastare ogni iniziativa dello spazio. Soprattutto visto che il luogo in questione risponde alla comunità e alle idee che lo animano e non ha scopo alcuno di lucro, mentre questi individui tramano nell’ombra per il proprio tornaconto personale.

Cosa c’è in palio? Chi sono questi soliti ignoti che agiscono nel buio? Perché continuano queste ‘marachelle’ volte a interrompere e ostacolare la progettualità dello spazio, e dunque la sua essenza, il suo motore? Gli interrogativi sono molti, e per alcuni non abbiamo risposte. Ma di certo c’è che la comunità organizzata, che già nel 2011 ha convertito la possibilità di profitto in valore sociale e culturale, si ritrova di fronte l’azione di un singolo individuo che agisce liberamente nel silenzio delle istituzioni.

In risposta agli attacchi dello scorso ottobre si è riscontrato un sostegno unanime da parte delle amministrazioni locali. La volontà da parte di quest’ultime, Regione e Municipio II in particolare, di mediare con la proprietà per l’acquisizione del bene, è un passo in avanti verso il riconoscimento di forme di organizzazione dal basso che permettono il recupero di quei beni destinati, in alternativa, all’abbandono o all’oblio. A giugno il Consiglio della Regione Lazio ha dato il via libera a un ordine del giorno nel quale viene espressa la necessità di “valorizzare, sostenere e salvaguardare” il Nuovo Cinema Palazzo. L’assemblea “Storie di un cinema in città” dello scorso febbraio va in questo senso: la presentazione di un documento (https://cutt.ly/ygpKTH2) che traduce in parole e numeri ciò che è stato prodotto in nove anni di gestione collettiva racconta un’esperienza che ha costruito relazioni, reti solidali e progetti culturali di alta qualità.

Rivendicare la gestione dei beni comuni, in un’epoca di solitudine e precarietà, diventa un grido necessario. I vuoti creati dall’abbandono della politica possono generare disperazione e oblio, oppure dare casa a diverse esperienze solidali. La scelta è politica, legata alle responsabilità di chi governa la città. Nel 2011 si erano create le condizioni feconde per poter costruire un casinò senza regolari permessi, ma questo tentativo si scontrò con l’azione “non egoistica, né patrimoniale” (come stabilito dai giudici in Tribunale) della moltitudine che si prese cura dello spazio e lo salvò da un progetto devastante per il territorio. L’atteggiamento di oggi è lo stesso di allora: contrastiamo l’interesse di un singolo privato contro quello collettivo e difendiamo l’uso sociale del bene.

Perciò chiediamo a tutti di partecipare alle iniziative, condividendo i progetti, frequentando l’aula studio e sostenendo lo spazio in un momento particolarmente drammatico. Proponiamo di raccontare il Nuovo Cinema Palazzo inviandoci i vostri racconti e le vostre foto sui nostri profili social, in quanto siamo convinti che un luogo di tutti viva anche di narrazioni collettive. Allo stesso tempo, ci rivolgiamo al Tribunale e a tutti i soggetti competenti e interessati perché crediamo che chi agisce in nome delle pubbliche autorità non possa comportarsi come un bandito, anzi vada sollevato quanto prima dall’incarico affidatogli e inibito nella sua azione provocatoria. Chiediamo, infine, alle istituzioni di cogliere la sfida proponendosi come interlocutori credibili in grado di accogliere le istanze di chi incentiva forme di collaborazione tra cittadinanza e amministrazioni per la gestione di beni che tutelano l’interesse collettivo.

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