Succede che un signore, guardandosi intorno, decida di appoggiare le mani su quello che vede. Da anni è proprietario di un grande edificio dove un tempo, molti anni fa addirittura prima che lui nascesse, veniva lavorato tanto ferro. Trasformato in pezzi piccoli (i chiusini) o, ancora molto tempo prima, in grandi (il cavallo che guarda Roma dall’alto dell’Altare della Patria) si è posato sulle strade della città. Per renderla accogliente e bella.
Guardandosi intorno, ha visto che la città ora non è né bella né accogliente. Non è questo però che gli interessa. Vede che molti giovani, venuti a Roma per studiare o perché cacciati da guerre o condizioni economiche devastanti (la nuova forma di guerra che si distende oggi sul mondo) chiedono di essere accolti sotto il nostro cielo e di viverci. Vede che stiparli in tanti in una stanza produce denaro.
Lui possiede quel vecchio fabbricato. Lui se ne frega che quello stesso edificio sia inserito nella “carta della qualità” del Comune. Per lui questo non vale; per lui vale il terreno. Così decide, nell’indifferenza delle istituzioni (se non con la loro complicità), di demolirlo e farne tanti miniappartamenti ovvero: scatolette fatte apposta per drenare denaro.
Per far diventare rendita (sua) quello che in tanti sono costretti a pagare, indebitandosi per continuare vivere alla ricerca di un sempre più misero reddito.
Succede che un quartiere, dove tutto questo è programmato perché accada, decida di dire finalmente basta e inizi a pensare che forse si può cominciare ad abitarlo in modo differente a cambiarlo, cambiando così anche la vita sempre più triste e povera che ci vogliono appiccicare addosso.
Succede che di fronte a evidenti incidenti di percorso (eufemismo) nella presentazione del progetto il signore di cui sopra si veda bloccare dalla stessa amministrazione quella realizzazione.
Che molti nel quartiere, che lo amano e che amano, anche specificatamente, le ex fonderie Bastianelli con le sue capriate in legno e quel cortile dove è possibile incontrarsi in tanti e raccontarsi e raccontare di noi stessi e di come vogliamo vivere trasformando San Lorenzo, decidano di entrare in quegli spazi e orgogliosamente pensino di aprirli, di far varcare quelle soglie finalmente a chi è deciso a far si che l’abitare venga prima del costruire.
Succede che, come spesso è accaduto, altri signori pensino che: isolando due di noi, Giorgio e Stefano, da questo progetto attraverso una denuncia per occupazione di un edificio, tutto quello che succede a San Lorenzo possa finire.
Dicono d’essere costretti a farlo perché in quel luogo devono entrare i vigili del fuoco perché il signore di cui sopra dice che è inagibile e va messo in sicurezza. La comunità che si è raccolta intorno l’occupazione intanto ha chiamato un tecnico (un ingegnere qualificato) che ha detto chiaramente quali sono le parti che potrebbero rappresentare pericolo e queste sono state così isolate. Anche chi occupa tiene alla propria pelle. Una preoccupazione che il proprietario sembra avere solo ora, visto che senza saper ne leggere ne scrivere, quei locali li affittava fino a poco tempo fa (prima di liberarli per iniziare i lavori sospesi dal Comune) ad un teatro, ad un garage e vi teneva la sede del suo stesso ufficio. Ai costruttori evidentemente sembra essere di moda “ vedersi spezzare il cuore”. Non finirà chiedendo ai Vigili del Fuoco di prestarsi a mallevatori di operazioni di rendita.
Non conoscono la Libera Repubblica di San Lorenzo: quei ragazzi che insieme ai tanti di tutte le età che fanno vivere gli spazi da cui loro volevano estrarre denaro a go go (Cinema Palazzo Occupato) o usare come bancomat (Communia), o che fanno quello che loro non sono capaci di fare (Grande Cocomero), che si stanno preparando per fare del prossimo 19 luglio San Lorenzo spazio pubblico contro ogni guerra, che animano giorno dopo giorno, con creatività conflittuale, un processo che attraverso la rivendicazione sociale riconosca il quartiere come luogo di tutti.
Pensano, come al solito che si tratti dei soliti noti. Da intimidire e aspettare che tutto passi.
A San Lorenzo questo non è mai accaduto. A San Lorenzo questo non accadrà. La libera Repubblica di San Lorenzo è vicina ai suoi figli Stefano e Giorgio. Si riconosce nelle loro pratiche che sono le nostre pratiche. La Libera Repubblica di San Lorenzo si riconosce colpevole del loro stesso delitto: voler costruire una città dove abitare liberamente fuori dalla cappa di solitudine, terrore e sfruttamento con cui ci vogliono sommergere e tenerci prigionieri.
Complici con Stefano e Giorgio. Siamo tutti San Lorenzo. Siamo tutti colpevoli di libertà.
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